Al liceo Pizi di Palmi convegno sulla violenza di genere
La “violenza di genere”: un triste sintagma che rappresenta la nuova piaga sociale di un mondo che corre verso la negazione dell’altro; un argomento su cui non sarà mai abbastanza parlarne e le aule scolastiche rappresentano il luogo migliore per la trasmissione di esperienze, testimonianze e conoscenze ad ampio raggio su recenti fatti di cronaca in cui sono le donne la parte più ferita e martoriata da uomini accecati dalla barbarie fisica e psicologica.
L’Istituto d’Istruzione Superiore “N. Pizi” di Palmi rientra tra le 32 scuole reggine che hanno aderito al Progetto “A-ndrangheta”. Progettiamo una città senza crimine”, promosso dalla Questura della città metropolitana e divulgato da magistrati, docenti universitari, imprenditori, esponenti istituzionali e vittime di abusi.
La Dirigente Scolastica, Prof.ssa Maria Domenica Mallamaci, in Auditorium, venerdì 18 Ottobre, ha dato inizio ai lavori del primo Convegno, avente come oggetto: “Non esiste amore senza il rispetto della libertà dell’altro”.
“Nel Terzo Millennio, quando non dovremmo parlare più di violenza, dal momento che ci definiamo “civili e consapevoli”, si avverte invece la necessità, visto il moltiplicarsi di casi di cronaca nera, di approfondire diverse tematiche che rappresentano la deviazione dell’individuo dalla retta via. L’avere rispetto per il prossimo sta diventando davvero urgenza e i giovani devono essere guidati nel saper riconoscere i sintomi di queste nuove malattie che deturpano il decorum del vivere in una comunità sociale”. Così introduce le relazioni la Dirigente Mallamaci, passando la parola al moderatore, Dott. Francesco Muraca, Vicequestore Aggiunto, Dirigente del Commissariato di Palmi, nonché Tutor del Progetto per il Liceo “Pizi”.
Le relazioni hanno fatto focus sui diversi tipi di violenza che spesso le donne subiscono: quella psicologica, che è la forma più subdola, perché viene esercitata con dictat, giustificati come amore; fisica, che spesso conduce all’omicidio della donna; sessuale, il più delle volte per esigere, senza consenso, quello che dovrebbe essere un dono d’amore. Non mancano altri tipi di violenza, quali quella economica, basata sulla discrepanza reddituale tra uomo e donna e che di fatto rende la donna succube dell’uomo, e quella assistita, quando un minore è presente sulla scena di maltrattamenti nei confronti della madre. “Purtroppo la donna, in tempi così evoluti quali quelli in cui viviamo, è ancora vittima del pregiudizio: in quanto donna “deve” essere subordinata all’uomo perché inferiore. Si tratta di un retaggio culturale che affonda le radici in epoche lontane e che risulta difficile da estirpare, anche se le lotte femministe hanno aiutato tanto, specie nel raggiungimento delle tutele giuridiche che oggi sono alla base del sistema italiano”. Così si è espressa la Presidente del Tribunale di Palmi, Dott.ssa Concettina Epifanio, concludendo il suo intervento con l’affermazione che “Chi uccide non lo fa mai per troppo amore perché, con la morte della donna, si uccide l’amore.”
Non meno interessante l’intervento del Sostituto Procuratore della Procura di Palmi, Dott. Giorgio Panucci, il quale si è soffermato sulle norme del Diritto Penale in cui non si fa riferimento esplicito alla violenza dell’uomo sulla donna: “ Oggi l’omicidio di una donna, vittima di violenza di genere, è punito allo stesso modo di un omicidio di un uomo e, fortunatamente, sono state introdotte misure cautelari necessarie e utili a tamponare le situazioni di emergenza, quali l’allontanamento d’urgenza o il divieto di avvicinamento alla persona offesa”. Il dott. Panucci ha, poi, messo in evidenza che proprio quest’anno è stato inserito il codice rosso che prevede un iter processuale più celere, volto a tutelare maggiormente la donna.
Negli accertamenti dei casi di violenza subita risulta indispensabile l’aiuto degli psicologi per poter conoscere la verità, qualora le aggressioni siano avvenute in contesti chiusi, senza testimoni, e quando si registrino due versioni dei fatti diametralmente opposte.“E’ quanto mai importante crescere in un ambiente familiare sano, in cui non ci siano episodi violenti che possano mettere a rischio l’equilibrio dei bambini. Spesso è invece proprio tra le pareti domestiche che le donne subiscono violenza e sono i figli adolescenti a spingere la madre a denunciare”. La psicologa, Dott.ssa Loredana Franzè, ha spiegato agli studenti come la paura vissuta dalla madre, succube di violenza, lasci segni imperituri nei figli, creando danni neurologici, psicologici ed emotivi.
L’incontro, intervallato da domande poste dagli studenti, si è concluso con la consapevolezza che non si deve restare indifferenti davanti a scene di violenza, ma bisogna riferire ciò che si è visto o sentito per suffragare la tesi della vittima e aiutare la magistratura a scoprire la verità; d’altra parte, non sono ammissibili, nel nome dell’amore, atti ricorrenti di violenze domestiche: occorre, invece, avere il coraggio di denunciare, prima che episodi più violenti si concludano con il decesso della donna.
Molta emozione si è avvertita nel momento in cui è stata data la parola ad una giovane donna, vittima per dieci anni di violenza fisica e psicologica: ella, con molto dolore e trasporto, ha descritto la propria drammatica esperienza, superata grazie all’aiuto di tutte le forze messe in atto per ridarle fiducia nel valore della vita.
Il Progetto, preso in carico dalle docenti Referenti, Prof.sse Maria Teresa Franco e Lina Antonietta Mazzà, proseguirà a breve con altri incontri su altre tematiche affini.