21 Novembre 2024
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La lacerante realtà del femminicidio

Di recente, l’opinione pubblica è stata scossa dalla notizia di cronaca relativa a Giulia Cecchettin, la studentessa ventiduenne brutalmente uccisa per mano dell’uomo che diceva di amarla, l’ex fidanzato Filippo Turetta. L’efferato crimine viene compiuto a distanza di qualche mese dall’omicidio di un’altra vittima accomunata dallo stesso nome, Giulia Tramontano, uccisa con svariate coltellate da Alessandro Impagnatiello, compagno e padre del bambino di cui era in attesa, adesso accusato di omicidio volontario aggravato e di procurata interruzione di gravidanza.

Secondo gli ultimi dati del Ministero dell’Interno, dall’inizio dell’anno al 13 novembre in Italia sono state uccise 102 donne, 82 delle quali in ambito familiare e affettivo, 53 sono state uccise dal partner o dall’ex partner. Una media di quasi otto vittime al mese. Ma cosa spinge alcuni uomini a compiere questi atroci delitti verso le donne?

Non è possibile tracciare nello specifico il profilo di un uomo violento, in quanto non esiste una correlazione deterministica fra personalità e violenza, possono esserci fattori di rischio come problemi di tipo psicopatologico con sintomatologie ansiose o depressive o problematiche della personalità, un’analisi accurata dovrebbe anche considerare il ruolo delle rappresentazioni culturali e mediatiche, che possono perpetuare stereotipi dannosi e normalizzare comportamenti violenti.

Sicuramente la violenza meglio si annida in una cultura del dominio maschile e dalla sopraffazione, segnali di violenza sono anche ravvisabili in un edonismo sfrenato o un diffuso narcisismo.

Spesso dietro un adulto omicida c’è un bambino cresciuto in un contesto anaffettivo ma il contesto rappresenta un fattore di rischio on è esclusivamente la causa della violenza.

Studi scientifici sul comportamento dimostrano che alcuni aggressori presentano segnali di comportamento violento già prima del compimento di atti estremi.

Il problema è che i segnali anticipatori sono spesso sottovalutati o scambiati per altro, favorendo l’epilogo della tragedia. Appare necessario, quindi, che le donne riescano a riconoscere segni di comportamenti morbosi e intrusivi da parte dei partner, considerando l’importanza di uscire dalle dinamiche di controllo. Affinché questo avvenga è fondamentale smettere di “curare” uomini con problemi di analfabetismo emotivo per concentrarsi sulla propria sicurezza.

Bisogna sempre tener presente che chi alimenta un clima di tensione psicologica verso la vittima attraverso svalutazione, silenzi, minacce il più delle volte finisce col compiere atti di violenza fisica. Tra l’altro non c’è da stupirsi se colui che è violento dentro le mura domestiche, appare fuori come un uomo normale, riuscendo anche a calarsi nel ruolo di partner amorevole.

Molti sono i giovani  coinvolti in episodi di violenza contro le donne rispetto a qualche decennio fa, il problema è attribuibile al fatto che, oltre ad una disgregazione di valori familiari, molti crescono in una cultura del benessere assoluto, in cui il “no” o la negazione di una richiesta non sono contemplati, si determinano così delle fragilità per cui molti giovani non sono in grado di fronteggiare criticità come il diniego di una donna o l’interruzione di una relazione, l’incapacità dell’accettazione del rifiuto può condurre a fatti di aggressività.

Se i genitori conducessero un’attività di “monitoring”, che non è solo un controllo, ma soprattutto una comunicazione aperta, non giudicante o colpevolizzante, in cui si consente al ragazzo di raccontare anche le esperienze più trasgressive, potrebbero cogliere campanelli d’allarme per sciogliere dei nodi relativi all’emotività o eventualmente decidere di rivolgersi a dei tecnici del settore.

Inoltre, per affrontare e prevenire il femminicidio un altro aspetto cruciale da esaminare è l’inefficacia dei sistemi giuridici. Molte vittime non ricevono la protezione necessaria, e i perpetratori spesso sfuggono alla giustizia. Questo solleva interrogativi sulla necessità di riforme legislative e di un miglioramento delle risorse dedicate a contrastare la violenza di genere.

Dott.ssa Terry Malara

 

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